mercoledì 26 marzo 2014

Sempre dai ricordi esce la Caciata o Pizza di Pasqua


Ecco che frugando fra i ricordi emergono cibi che in qualche modo hanno scritto pagine sul libro della nostra vita. É buffo come una pietanza, un dolce, un sapore riescano a farti rivivere attimi oramai dispersi dal tempo. Per tanti anni questa fantastica Pizza di Pasqua é rimasta in qualche angolo della memoria poi improvvisamente grazie ad un pigro navigare di sito in sito eccola riemergere, improvviso il pensiero va ai giorni di Pasqua a quando arrivava in casa un pacchetto con i realtà due schiacciate quella salata e quella dolce con i semi di anice,
era tipico di mio padre, non ci faceva davvero mai mancare niente....e se normalmente amava fare la spesa, le feste sembravano auto autorizzarlo a rifornire la dispensa in modo sistemico e abbondante;  prodotti ricercati, acquistati da fornitori selezionati e scelti con cura, c'era amore in ogni più piccola confezione che entrava in casa l'amore con la quale la sceglieva per noi,  gustandosi il momento in cui avrebbe visto brillare gli occhi del uno o dell'altro. Niente era casuale, tutto era volutamente ricercato, così come ha saputo trasmetterci le tradizioni che
strettamente osservava. Le feste scandivano il tempo, cresceva l'attesa e lui ne era protagonista assoluto......ma ecco la storia di questo prelibato prodotto da forno.

Per tradizione questa "Pizza" o “Caciata”, per via del formaggio, viene mangiata a colazione il giorno di Pasqua. Più che una colazione è un rito. La tovaglia bianca, le uova, simbolo della vita che si rinnova, che talvolta ancora qualcuno porta a benedire in sacrestia, il bicchiere di vino rosso e il salame corallina, un tempo prodotto solo per questa festa dai laboratori artigiani umbri di norcineria. Questa tradizionale Pizza è umbra,
ma nell'Italia centro meridionale quello della pizza lievitata è un rito che si ritrova in molte regioni. 
A cominciare dalle Marche, che hanno una ricetta praticamente simile a quella umbra dove viene chiamata “Crescia”, al Lazio, all'Abruzzo che però ha una pizza dolce arricchita da semi di anice, da uva secca, cioccolata, limone e cannella, alla Campania con il suo casatiello, arricchito dai ciccioli, dal pepe, dalla sugna e dalle uova che diventano una vera e propria decorazione, in qualsiasi modo si chiami infondo fa parte della storia gastronomica italiana, racconta la sua gente e le risorse a loro disposizione anche e sopratutto in quei momenti dove le queste scarseggiavano,  eppure si riusciva sempre a far festa  anche mio padre ha sempre asserito ovunque si trovasse che: " Da quello che la gente mangia si capiscono tante cose....... " ecco perché ovunque andassimo la tappa supermercato era obbligatoria!!!



giovedì 20 marzo 2014

Ad ognuno le sue frittelle!!!



Buon San Giuseppe a tutti i Giuseppi!!! E buona festa del papà a tutti i papà  e questo post é per uno chef/ babbo, é toscano quindi é un babbo, uno molto speciale: "lo chef Luca Borghini"! Ogni regione come sempre sfodera le sue ricette della festa qui da noi si va di frittelle di riso. É un ricordo che mi arriva da molto lontano, mi riporta indietro ai momenti in cui la sera prima del fatidico giorno la nonna, la mia nonna Ada, iniziava la lunga lavorazione. Si perché noi ne abbiamo uno di Giuseppe in casa e non passava anno che io abbia memoria che la nonna non facesse questo meraviglioso dolce per portarglielo il giorno dopo.
La difficoltà stava nello svegliarsi presto precipitarsi giù dalle scale trasportata dall'effluvio dolciastro e riuscire ad acchiapparne una ancora calda prima che venissero nascoste perché allora benché non sia passato un secolo non si poteva assaggiare niente prima di andare a tavola. Era una regola ferrea che se da una parte ti faceva arrabbiare dall'altra scandiva il tempo conferendogli il suo giusto valore, infondo come recita una  pubblicità odierna:"l'attesa é essa stessa il piacere", oggi é molto facile dirlo, quando si é bambini però non lo é davvero! Tornando però alle frittelle bisogna sapere che come un mantra ogni anno la nonna mi scandiva i vari passaggi ed ogni anno come fosse il primo bevevo le sue parole che sembravano acquietare  anche se momentaneamente la mia sete di ricette!!! Si inizia la sera prima  mettendo a bollire il latte: "mi raccomando aggiungi una buccia di limone é quella che da un certo non so che" quando bolle si versa il riso e si lascia sobbollire fin quando non ha assorbito tutto il latte poi si lascia raffreddare. L'attesa era lunga ma sempre riempita con una presenza così ricca e variegata che le ore sembravano minuti. Finalmente arrivava il momento propizio per aggiungere tutti gli ingredienti uova, zucchero:" non troppo perché poi le passiamo nello zucchero se no stuccano ma allora quanto!?! Quanto... quanto...quanto basta!!! " Questo ha sempre lasciato in me un gap incolmabile: come si fa sapere quanto basta!?? Non l'ho mai capito! Fatto sta che alla fine dopo il lievito e quant'altro il tutto si trasformava ai miei occhi in un terribile pastone che guardavo sospettosa: "domani vedrai sarà raddoppiato!!!"
Non so se ci credessi davvero perché il giorno dopo correvo a verificare se il miracolo era avvenuto.....non mi ha mai disatteso nemmeno una volta! Oggi insieme a questi meravigliosi ricordi resta l'annuale diatriba fra undici fratelli: "come le faceva mamma le fo' solo io! "